Anche l'attività lavorativa può avere effetti sull'udito.
Il danno da rumore è malattia professionale se conseguenza di specifiche attività previste dalla legge e se la perdita dell’udito è “apprezzabile”.
Alla progressiva e naturale diminuzione dell’udito a causa dell’invecchiamento, si sovrappongono altri danni legati alle condizioni di vita e lavorative. Viviamo infatti costantemente circondati da rumori: passeggiando per strada, accendendo un elettrodomestico in casa, svolgendo determinate attività lavorative. Non tutti sono ugualmente sensibili al rumore, essendovi alcune persone che possono risentire dei suoni particolarmente forti più di altre e riportare dunque, a lungo andare, danni anche gravi. La diminuzione o la perdita dell’udito (ipoacusia) legate all'attività lavorativa sono definite ipoacusie da trauma acustico cronico e si verificano a seguito dell’esposizione prolungata a rumori con particolari caratteristiche. Si tratta di diminuzioni dell’udito generalmente simmetriche, dunque riguardanti entrambe le orecchie. Quando cessa l’esposizione al rumore, l’evoluzione della sordità si arresta, ma il danno ormai prodotto è irreversibile. Il danno acustico da rumore può essere prevenuto con opportune misure ambientali e personali (caschi, cuffie, pareti fonoassorbenti, ecc.), ma non esiste purtroppo alcuna terapia efficace. Il danno all'udito è considerato malattia professionale solo quando è contratto nell'esercizio ed a causa dello svolgimento di specifiche attività indicate dalla legge, o nell'espletamento di lavorazioni accessorie o complementari a queste, purché svolte nello stesso ambiente [1].
Si tratta, precisamente, delle seguenti attività:
- lavori dei calderai
- ribattitura dei bulloni
- battitura e foratura delle lamiere con punzoni
- prove dei motori a scoppio
- produzioni di polveri metalliche con macchine a pestelli
- condotta di aeromobili
- fabbricazione di chiodi
- lavoro di telai
- taglio di lastre e blocchi di marmo con dischi si acciaio e corona diamantata
- lavorazioni eseguite con utensili ad aria compressa
- lavorazioni di produzione degli acciai ai forni ad arco e ad induzione
- lavorazione con impiego di seghe per metalli
- prova di dispositivi di segnalazione acustica
- lavorazione meccanica del legno con impiego di seghe circolari, piallatrici
- fucinatura nelle fonderie
- fabbricazione delle falci
- lavori in galleria con mezzi meccanici ad aria compressa
- lavori svolti all'interno delle navi (rottura delle lamiere, battitura, verniciatura)
- tranciatura dei metalli
- lavori di spray con torce al plasma
- prova delle armi da fuoco automatiche
- prova dei motori a reazione.
Perché il danno all'udito possa considerarsi malattia professionale deve comportare una apprezzabile diminuzione della capacità di sentire, da valutarsi caso per caso [2]. Il danno all'udito deve essere riscontrato e certificato dal Servizio di Igiene e Sicurezza del Lavoro dell’Asl, oppure a seguito di visita specialistica su indicazione del proprio medico curante. Il certificato che attesta l’ipoacusia deve essere consegnato dal lavoratore al datore di lavoro entro 15 giorni dalla visita. Il datore di lavoro deve dunque trasmettere all’Inail la denuncia di malattia professionale entro 5 giorni dal ricevimento del primo certificato medico, corredata da informazioni in merito all'attività che avrebbe determinato la malattia, le mansioni del lavoratore, gli accertamenti praticati in azienda e l’orario di lavoro. Successivamente, l’Inail chiamerà a visita il lavoratore e chiederà al datore di lavoro copia del documento aziendale di valutazione dei rischi. Il lavoratore chiamato a visita dall’Inail dovrà portare con sé: libretto di lavoro; documentazione sanitaria inerente la patologia denunciata; accertamenti sanitari preventivi e periodici svolti in azienda; eventuali attestazioni di invalidità riconosciute in altri ambiti giuridici. Se la malattia denunciata non è prevista dalle tabelle, l’Inail può avvalersi, in caso di dubbi, della sua struttura tecnica di accertamento del rischio (Contarp) per effettuare indagini ispettive all'interno dell’azienda e quantificarne l’esposizione. L’Inail, assumendosene i costi, può anche richiedere al lavoratore ulteriori accertamenti sanitari. Con una successiva comunicazione, l’Istituto assicuratore farà conoscere al lavoratore le sue conclusioni, che potranno accogliere o respingere la richiesta di riconoscimento di malattia professionale, quantificandone il grado di inabilità al lavoro. Contro le decisioni assunte dall’Inail, il lavoratore può presentare opposizione all'ente stesso. L’opposizione deve essere presentata presso la sede del domicilio del lavoratore e deve contenere: i dati anagrafici; il riferimento all'evento (numero del caso, data dell’infortunio, data del provvedimento); le motivazioni a sostegno dell’opposizione, allegando il certificato medico dal quale emergano gli elementi giustificativi della domanda. Il procedimento in opposizione si considera concluso nel termine di 150 giorni (120 per le revisioni). Il lavoratore può farsi assistere nell'opposizione da un avvocato o dal Patronato.Nel caso in cui l’istanza sia stata rigettata o, se accolta, l’esito non sia soddisfacente, il lavoratore può presentare con la necessaria assistenza di un avvocato, ricorso giudiziale presso il Tribunale del lavoro. Il termine di prescrizione per il ricorso giudiziale è di tre anni e 150 giorni (210 per le revisioni) e decorre dal giorno dell’infortunio [3].
note [1] Punto 44, Allegato n. 4 al D.P.R. 9 giugno 1975, n. 482. [2] Art. 78, comma 30, D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. [3] Cass., sent. n. 2285/13 del 31.01.2013.
credits: laleggepertutti.it
Alla progressiva e naturale diminuzione dell’udito a causa dell’invecchiamento, si sovrappongono altri danni legati alle condizioni di vita e lavorative. Viviamo infatti costantemente circondati da rumori: passeggiando per strada, accendendo un elettrodomestico in casa, svolgendo determinate attività lavorative. Non tutti sono ugualmente sensibili al rumore, essendovi alcune persone che possono risentire dei suoni particolarmente forti più di altre e riportare dunque, a lungo andare, danni anche gravi. La diminuzione o la perdita dell’udito (ipoacusia) legate all'attività lavorativa sono definite ipoacusie da trauma acustico cronico e si verificano a seguito dell’esposizione prolungata a rumori con particolari caratteristiche. Si tratta di diminuzioni dell’udito generalmente simmetriche, dunque riguardanti entrambe le orecchie. Quando cessa l’esposizione al rumore, l’evoluzione della sordità si arresta, ma il danno ormai prodotto è irreversibile. Il danno acustico da rumore può essere prevenuto con opportune misure ambientali e personali (caschi, cuffie, pareti fonoassorbenti, ecc.), ma non esiste purtroppo alcuna terapia efficace. Il danno all'udito è considerato malattia professionale solo quando è contratto nell'esercizio ed a causa dello svolgimento di specifiche attività indicate dalla legge, o nell'espletamento di lavorazioni accessorie o complementari a queste, purché svolte nello stesso ambiente [1].
Si tratta, precisamente, delle seguenti attività:
- lavori dei calderai
- ribattitura dei bulloni
- battitura e foratura delle lamiere con punzoni
- prove dei motori a scoppio
- produzioni di polveri metalliche con macchine a pestelli
- condotta di aeromobili
- fabbricazione di chiodi
- lavoro di telai
- taglio di lastre e blocchi di marmo con dischi si acciaio e corona diamantata
- lavorazioni eseguite con utensili ad aria compressa
- lavorazioni di produzione degli acciai ai forni ad arco e ad induzione
- lavorazione con impiego di seghe per metalli
- prova di dispositivi di segnalazione acustica
- lavorazione meccanica del legno con impiego di seghe circolari, piallatrici
- fucinatura nelle fonderie
- fabbricazione delle falci
- lavori in galleria con mezzi meccanici ad aria compressa
- lavori svolti all'interno delle navi (rottura delle lamiere, battitura, verniciatura)
- tranciatura dei metalli
- lavori di spray con torce al plasma
- prova delle armi da fuoco automatiche
- prova dei motori a reazione.
Perché il danno all'udito possa considerarsi malattia professionale deve comportare una apprezzabile diminuzione della capacità di sentire, da valutarsi caso per caso [2]. Il danno all'udito deve essere riscontrato e certificato dal Servizio di Igiene e Sicurezza del Lavoro dell’Asl, oppure a seguito di visita specialistica su indicazione del proprio medico curante. Il certificato che attesta l’ipoacusia deve essere consegnato dal lavoratore al datore di lavoro entro 15 giorni dalla visita. Il datore di lavoro deve dunque trasmettere all’Inail la denuncia di malattia professionale entro 5 giorni dal ricevimento del primo certificato medico, corredata da informazioni in merito all'attività che avrebbe determinato la malattia, le mansioni del lavoratore, gli accertamenti praticati in azienda e l’orario di lavoro. Successivamente, l’Inail chiamerà a visita il lavoratore e chiederà al datore di lavoro copia del documento aziendale di valutazione dei rischi. Il lavoratore chiamato a visita dall’Inail dovrà portare con sé: libretto di lavoro; documentazione sanitaria inerente la patologia denunciata; accertamenti sanitari preventivi e periodici svolti in azienda; eventuali attestazioni di invalidità riconosciute in altri ambiti giuridici. Se la malattia denunciata non è prevista dalle tabelle, l’Inail può avvalersi, in caso di dubbi, della sua struttura tecnica di accertamento del rischio (Contarp) per effettuare indagini ispettive all'interno dell’azienda e quantificarne l’esposizione. L’Inail, assumendosene i costi, può anche richiedere al lavoratore ulteriori accertamenti sanitari. Con una successiva comunicazione, l’Istituto assicuratore farà conoscere al lavoratore le sue conclusioni, che potranno accogliere o respingere la richiesta di riconoscimento di malattia professionale, quantificandone il grado di inabilità al lavoro. Contro le decisioni assunte dall’Inail, il lavoratore può presentare opposizione all'ente stesso. L’opposizione deve essere presentata presso la sede del domicilio del lavoratore e deve contenere: i dati anagrafici; il riferimento all'evento (numero del caso, data dell’infortunio, data del provvedimento); le motivazioni a sostegno dell’opposizione, allegando il certificato medico dal quale emergano gli elementi giustificativi della domanda. Il procedimento in opposizione si considera concluso nel termine di 150 giorni (120 per le revisioni). Il lavoratore può farsi assistere nell'opposizione da un avvocato o dal Patronato.Nel caso in cui l’istanza sia stata rigettata o, se accolta, l’esito non sia soddisfacente, il lavoratore può presentare con la necessaria assistenza di un avvocato, ricorso giudiziale presso il Tribunale del lavoro. Il termine di prescrizione per il ricorso giudiziale è di tre anni e 150 giorni (210 per le revisioni) e decorre dal giorno dell’infortunio [3].
note [1] Punto 44, Allegato n. 4 al D.P.R. 9 giugno 1975, n. 482. [2] Art. 78, comma 30, D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. [3] Cass., sent. n. 2285/13 del 31.01.2013.
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